Procedure concorsuali: quali sono?
Le procedure concorsuali, messe in atto dal legislatore e valutate caso per caso, hanno lo scopo di regolamentare i rapporti tra l’impresa, intesa nel suo insieme, e tutti i suoi creditori. L’impresa assoggettata alle procedure concorsuali, però, deve trovarsi in un grave stato d’insolvenza e in possesso dei requisiti prescritti dall’articolo 1 comma 2 della Legge Fallimentare.
Oggi l’ordinamento italiano intende come procedure concorsuali:
- il fallimento
- il concordato preventivo
- la liquidazione coatta amministrativa
- l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza
- l’amministrazione straordinaria speciale.
Ognuna di queste specifiche procedure ha come scopo la riduzione drastica dell’autonomia dell’imprenditore, consistendo essa nella sottrazione di beni e, in alcuni casi, anche dell’impresa stessa, affidata al controllo e alla gestione di un organo terzo e imparziale, volto a risolvere lo stato di crisi e alla soddisfazione dei creditori.
Procedure concorsuali: il risanamento dell’impresa
Per quanto possibile, scopo precipuo delle procedure concorsuali è quello di mirare al risanamento dell’impresa nel suo complesso. A tal proposito, infatti, gli articoli 140 ter e seguenti della Legge Fallimentare hanno introdotto un nuovo istituto, definito programma di liquidazione.
Il programma di liquidazione, disposto dal curatore fallimentare e posto al vaglio del giudice delegato, stabilisce in quale modo procedere per il salvataggio dell’azienda.
Procedure concorsuali: il fallimento
Tra le procedure concorsuali più note e diffuse, il fallimento è regolato dal Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 e coinvolge l’imprenditore commerciale, il suo assetto patrimoniale e tutti i suoi creditori. Tale procedura mira ad accertare lo stato d’insolvenza in cui versa il debitore, valutando tutti i crediti vantati nei suoi confronti, in linea con il principio della par condicio creditorum, tenendo di tutte le specifiche cause di prelazione.
La sentenza che dichiara il fallimento “priva il titolare dell’impresa dell’amministrazione e della contestuale disponibilità del proprio patrimonio”. Da ciò deriva l’inefficacia di ogni atto messo in essere dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento.
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